Mimmo Lucano libero, il Riesame: "Contro di lui un quadro indiziario inconsistente"

lucanomimmoildispaccionuovadi Mariateresa Ripolo - Domenico Lucano resterà libero: questa la decisione del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria che ha rigettato la richiesta della misura cautelare degli arresti domiciliari a carico dell'ex sindaco di Riace e di altri 9 imputati nel processo "Xenia", che era stata avanzata dalla Procura di Locri.

«Errori e inesattezze nelle indagini». Già nel 2018 il gip aveva preso la medesima decisione non riconoscendo «la sussistenza della gravità indiziaria nei confronti degli indagati» e rilevava l'assenza di riscontri reali, ma basati su «elementi congetturali o presuntivi».

Una bocciatura in piena regola, quella del gip, che aveva escluso categoricamente la possibilità di configurare il delitto di associazione per delinquere, avanzata dal pm, in quanto «il programma perseguito dagli indagati non si è tradotto in condotte penalmente rilevanti» e rilevava «l'inconsistenza del quadro indiziario relativo alle contestazioni dei reati fine». «Inaccettabile - dunque - l'equazione tra il "modello Riace" e l'associazione per delinquere».

Il gip aveva, di fatto, smontato pezzo per pezzo parte dell'inchiesta e aveva parlato di «errori nei calcoli» e dell'«inutilizzabilità» di alcune dichiarazioni rese: circostanze che dimostrerebbero, secondo il Tribunale del Riesame - che fa propria la decisione del gip - «l'inattendibilità del metodo di indagine seguito». Insomma, nelle indagini condotte dalla Guardia di Finanza sarebbe stato necessario, si legge nell'ordinanza, «uno sforzo investigativo maggiore», che tuttavia non sarebbe avvenuto.

La posizione dell'accusa in aula contro Lucano e gli altri indagati si basa in sostanza, su intercettazioni telefoniche e ambientali che vengono analizzate e tradotte in prove di colpevolezza (Leggi l'articolo). Ma per il gip, così come per il Riesame, tutto ciò si traduce in prove tutt'altro che schiaccianti e, anzi, farebbe emergere «l'inconsistenza del quadro indiziario».

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«Nessun vantaggio personale». L'indagine, condotta dalla Guardia di Finanza - che tenta di demolire in ogni sua parte quel sistema di accoglienza divenuto famoso in tutto il mondo come "Modello Riace" - punta a dimostrare che Lucano abbia utilizzato i fondi destinati agli immigrati per fini personali attraverso l'utilizzo di ingenti somme provenienti dallo Sprar. Somme che secondo i finanzieri sarebbero state, tra le altre cose, utilizzate per organizzare concerti ed eventi che non avrebbero nulla a che fare con l'immigrazione. Niente di più lontano dai fatti reali secondo il Riesame, che ne riconosce la «legittimità» in quanto «finalizzate all'accoglienza e all'integrazione degli immigrati». Nell'ordinanza viene, inoltre, rimarcata sì «l'esistenza di prassi improntate alla superficialità e alla negligenza», ma non viene riconosciuta la «sussistenza dell'addebito associativo, in assenza della prova del perseguimento di vantaggi patrimoniali, privatistici o dell'appropriazione di somme di denaro da parte dei singoli protagonisti della vicenda».

Il Riesame rigetta la richiesta avanzata dalla Procura di Locri riconoscendo una «gestione poco trasparente delle risorse», ma che non può tuttavia «tradursi automaticamente in condotte penalmente rilevanti».