Reggio, al MArRC la conferenza della filologa Paola Radici Colace

Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria è il luogo in cui ragione e immaginazione sono alleate per guidare imperdibili viaggi della conoscenza, alla scoperta delle radici culturali della Calabria e dell'Europa mediterranea, in collaborazione con i partner per la valorizzazione. Il prossimo appuntamento è con il Centro Internazionale Scrittori della Calabria, giovedì 20 febbraio 2020, alle ore 17.30, in Sala Conferenze, con la professoressa Paola Radici Colace, presidente onorario e direttore del Comitato scientifico del CIS della Calabria, docente ordinario di Filologia classica all'Università degli Studi di Messina, che interverrà sul tema "Il mito della biga alata".

La conferenza, che sarà accompagnata da una video proiezione, s'inserisce nel Ciclo "Mito ed ermeneutica filosofica in Platone. Dal mito della caverna al mito di Atlantide".

Interverranno: il direttore del MArRC, Carmelo Malacrino, e la presidente del CIS della Calabria, Loreley Rosita Borruto.

Il mito – raccontato nel "Fedro", tra i dialoghi più noti di Platone – è una riflessione sull'anima e sull'esistenza umana, condotta da "due cavalli": lo spirito e il corpo, la materia, nel tema affascinante del rapporto con l'Aldilà.

«Platone è stato il filosofo greco che per primo ha elaborato una "teoria delle passioni", inserendola nel suo sistema cosmologico», dichiara Radici Colace. «Gli attori, nel mito della biga alata, sono tre: i due cavalli – uno bianco che rappresenta l'anima spirituale e uno nero che rappresenta l'anima sensibile, legata alla materialità – e l'auriga, che guida il cocchio al quale i due animali sono imbrigliati, per condurlo verso l'alto. In questo movimento, i due cavalli mirano in direzioni opposte: il cavallo bianco verso il mondo Iperuranio, in alto, dove si trovano le Idee; il cavallo nero spinge verso il mondo dei sensi, in basso. Compito dell'auriga (metafora della coscienza, dell'intelligenza umana) è di condurre la biga – continua la filologa –, mantenendo dritta la traiettoria e trasformando le energie delle passioni e la sensibilità in un aiuto per indirizzarsi verso qualcosa di più elevato».

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Ancora per pochi giorni sarà possibile ammirare nella sua collocazione "naturale" nel percorso espositivo della collezione permanente del MArRC uno dei capolavori più entusiasmanti e "invidiati" del patrimonio museale: il Kouros ("Giovinetto") di Rhegion. La statua in marmo pario, datata fine VI secolo – inizio V secolo (intorno al 500) a.C., per qualche studioso rappresenterebbe il dio Apollo adolescente. Qualcun altro avrebbe identificato con un atleta il fanciullo, dal sorriso misterioso "arcaico", gli occhi a mandorla e la folta, caratteristica capigliatura a riccioli rossi a lumachella, con ciocche a raggiera intorno alla nuca.

Per circa due mesi, da lunedì 24 febbraio, il Kouros sarà spostato in Piazza Paolo Orsi, nel laboratorio di restauro dedicato e aperto al pubblico, per essere sottoposto agli interventi di recupero a cura del restauratore e storico dell'arte Sante Guido, nell'ambito del progetto "Restituzioni" di Intesa Sanpaolo per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni artistici del nostro Paese.

La scultura manca delle gambe sotto il ginocchio, del braccio sinistro e dell'avambraccio destro, e in molti punti sono presenti incrostazioni calcaree. Le operazioni di pulitura, con bisturi e laser e cn l'ausilio del microscopio, "restituiranno" al marmo il suo aspetto naturale.

Guido è professore a contratto presso prestigiosi atenei, quali la Pontificia Università Gregoriana e l'Università degli Studi di Trento.

La direzione dei lavori è affidata alla funzionaria restauratrice del MArRC Barbara Fazzari, con il supporto tecnico del collega restauratore Virgilio Vecchio e della collega architetto Elena Nicolò e con il coordinamento scientifico dell'archeologa Daniela Costanzo. Responsabile unico del procedimento è la restauratrice Irene Spuri. Il progetto è del professore Guido.
Per il progetto "Restituzioni", nel 2018 è stata restaurata la Testa cosiddetta di Basilea, da Porticello (Villa S. Giovanni).