Il carcere di Cosenza in mano alla ‘ndrangheta, Gratteri: “Tante anomalie e omissioni”

Gratteri Nicola nuova 16maggio"Ci sono tante anomalie e tante omissioni da parte di tanti". Cosi' il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha commentato con i giornalisti l'esito dell'operazione con la quale questa mattina i carabinieri del Comando provinciale di Cosenza hanno arrestato due assistenti capo dell'istituto penitenziario bruzio con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver favorito i clan Lanzino-Rua'-Patitucci, Bruni-Zingari e Rango-Zingari. "Quello che piu' mi fa rabbia - ha aggiunto Gratteri - e' il fatto che si sia consentito a detenuti 'ndranghetisti di Cosenza di restare per anni a Cosenza: qual e' stata la logica di tenere pericolosi 'ndranghetisti di Cosenza nella stessa citta'? Con questa operazione non solo informiamo l'opinione pubblica che non guardiamo in faccia a nessuno ma - ha sostenuto il capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro - portiamo all'attenzione il fatto che chi era preposto al controllo e doveva intervenire, cioe' tutta la struttura gerarchica del dipartimento penitenziario, doveva intervenire ma non e' intervenuto". Gratteri ha poi osservato: "Mi auguro che questi arresti servano a costringere chi di dovere, dal direttore del carcere di Cosenza al direttore del Dap, a intervenire per fare un po' di ordine, quantomeno nell'applicazione dell'ordinamento penitenziario, in modo che - ha concluso il procuratore della Dda di Catanzaro - detenuti di alta sicurezza della stessa area criminale stiano a mille chilometri di distanza gli uni dagli altri e da Cosenza".

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Per anni la 'ndrangheta ha "controllato" il carcere di Cosenza, approfittando di agenti penitenziari "infedeli", completamente a disposizione delle cosche, e anche della disattenzione e delle inerzie di chi doveva vigilare e non l'ha fatto. E' questo il dato di sintesi che emerge dall'operazione con la quale questa mattina i carabinieri del Comando provinciale di Cosenza, coordinati dalla Dda di Catanzaro, hanno arrestato due assistenti capo dell'istituto penitenziario bruzio, Luigi Frassanito (56 anni) e Giovanni Porco (53), con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver favorito i clan Lanzino-Rua'-Patitucci, Bruni-Zingari e Rango-Zingari. I dettagli dell'inchiesta sono stati illustrati in una conferenza stampa dal capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, e dal comandante provinciale di carabinieri di Cosenza, Piero Sutera. Dall'investigazione risulta che, grazie alla complicita' dei due agenti penitenziari arrestati, piu' un terzo al momento indagato, nel carcere di Cosenza entrava di tutto, dalla droga, in un caso nascosta dentro palline da tennis lanciate dall'esterno dell'istituto sul campo posizionato all'interno, a generi alimentari, superalcolici e persino farmaci: in un caso - e' stato accertato dai militari dell'Arma - a un detenuto che doveva sottoposti a una consulenza fonica e' stato consegnato un farmaco che gli avrebbe consentito di alterare la voce. Inoltre, i carabinieri hanno scoperto che i boss detenuti, nonostante fossero sottoposti a regimi carcerari diversi, facevano riunioni all'interno delle celle, al punto da avere "piena liberta' di manovra", dispensavano all'esterno ordini e "imbasciate" attraverso i classici "pizzini", facevano convocare imprenditori da estorcere o spacciatori da "spremere" sotto le celle che davano sulla strada comunale. Vari anche i riti di affiliazione celebrati dagli 'ndranghetisti nel carcere di Cosenza e registrati dagli inquirenti.

Sono solo alcuni dei fatti accertati dai carabinieri nel corso di un'indagine particolarmente complessa, lunga che abbraccia un lungo arco temporale, con riscontri che vanno dal 2009 al 2009 e soprattutto con riscontri forniti da una decina di collaboratori di giustizia, concordi nel delineare il contesto di un carcere di Cosenza davvero "in mano alla 'ndrangheta". Lo ha rimarcato, in conferenza stampa, lo stesso Gratteri, definendo quella odierna "una piccola indagine come numeri ma un'indagine importantissima, perche' in primo luogo e' stato fatto un grande lavoro di ricostruzione storica. Alcuni fatti contestati risalgono a diversi anni fa: con questo - ha aggiunto il procuratore capo della Dda di Catanzaro - voglio dire che se altri avessero letto le carte e le avesse messe in ordine, questa gente poteva tranquillamente essere arrestata 5-6-10 anni fa, perche' si tratta di un 'modus operandi' che dura da sempre nel carcere di Cosenza, Ringrazio il collega Camillo Falvo e i carabinieri che hanno messo in ordine le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che da anni ripetevano e hanno ripetuto che nel carcere di Cosenza la 'ndrangheta - ha spiegato ancora Gratteri - poteva fare di tutto e di piu'. E purtroppo in questa vicenda ci sono state tante omissioni da parte di tanti". Di "quadro a tinte fosche" ha parlato anche il comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri di Cosenza, Piero Sutera, che ha poi voluto rimarcare comunque "il comportamento assolutamente corretto e onesto della stragrande maggioranza degli agenti penitenziari, che hanno fatto pienamente il loro dovere esponendosi in alcuni casi anche a rappresaglie, come l'incendio dell'autovettura subito da un agente". Alla conferenza stampa hanno infine partecipato anche il tenete colonnello Michele Borrelli, comandante del Reparto operativo dei carabinieri di Cosenza, e il capitano Giuseppe Sacco, comandante del Nucleo investigativo dell'Arma cosentina. (Agi)