Coronavirus, lo studio dell'Università ‘Magna Graecia’ di Catanzaro: cardiopatici più a rischio degli altri

Problemi o fattori di rischio cardiovascolari (ad esempio la pressione alta) sono legati a maggior rischio di complicanze cardiovascolari e maggiore mortalita' in caso di sindrome Covid. Il rischio per i cardiopatici puo' essere oltre 4 volte maggiore rispetto a individui senza patologie o fattori di rischio cardiovascolari. E' quanto emerge da un maxi-studio condotto da Jolanda Sabatino dell'Universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro pubblicato sulla rivista PLOS ONE sulla base di dati relativi a oltre 77 mila individui. "Le nostre analisi - spiega all'ANSA uno dei coordinatori, Salvatore De Rosa - confermano che i pazienti con patologie cardiovascolari preesistenti (come coronaropatia o scompenso cardiaco) hanno un rischio significativamente maggiore sia di sviluppare complicanze cardiovascolari, sia di morte. In particolare, solo la presenza di patologie pregresse o fattori di rischio cardiovascolare, ma non l'eta', ne' il sesso si associano al rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari durante la malattia COVID-19. L'aumento del rischio di morte e' invece associato sia alla presenza di pregresse condizioni cardiovascolari (patologie e/o fattori di rischio), sia allo sviluppo di complicanze cardiovascolari, e all'eta'".

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Gli esperti hanno considerato 77.317 pazienti ricoverati per COVID-19 in Asia, Europe e Usa. Al momento del ricovero il 12,89% dei pazienti aveva malattie cardiovascolari, 36,08% avevano l'ipertensione e il 19,45% diabete. Durante il ricovero oltre il 14% dei pazienti e' andato incontro a una complicanza cardiovascolare (aritmie, palpitazioni ma anche infarto). "Escludendo i pazienti in terapia intensiva - sottolinea De Rosa - il rischio di morte tra i pazienti affetti da COVID-19 variava dallo 0,9% all'8%, risultando da 2 a 4 volte maggiore rispetto a pazienti senza fattori di rischio. Naturalmente i pazienti che hanno avuto bisogno di cure piu' intense in terapia intensiva avevano una mortalita' ben piu' alta, trovandosi in condizioni cliniche piu' critiche".

"I nostri risultati - commenta un altro autore, Ciro Indolfi, Presidente della Societa' Italiana di Cardiologia - sottolineano l'importanza del coinvolgimento dei cardiologi sia nella gestione clinica dei pazienti COVID-19, sia nella redazione delle strategie di gestione della pandemia". "Questi risultati - aggiunge Giovanni Di Salvo - hanno implicazioni rilevanti delle quali si dovra' tenere conto in fase di assegnazione delle priorita' di accesso ai vaccini, quando questi saranno disponibili". Infine lo studio mostra anche un altro aspetto importante: "il fatto che circa il 40% dei pazienti bisognosi di assistenza ospedaliera fosse di sesso femminile - conclude la Sabatino - sfata uno dei miti che hanno spopolato specialmente nel corso delle fasi iniziali della pandemia: le donne non sono affatto 'protette' dal COVID-19 e devono quindi seguire con scrupolo tutte le indicazioni di prevenzione del contagio".