“Quale Caritas per i prossimi anni?”: Caritas Italiana incontra i referenti calabresi a Lamezia Terme

Al Grand Hotel Lamezia Don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, e Don Marco Pagniello, coordinamento del settore politiche sociali e welfare di Caritas Italiana, hanno incontrato i referenti di tutte le Caritas diocesane della regione. Una tappa annuale che, questa volta, all'abituale ordine del giorno, inerente al confronto tra le realtà diocesane calabresi e quella nazionale, ha affiancato un discorso sulla possibilità di concepire e tracciare insieme il percorso che porterà al 50° anniversario di Caritas Italiana. L'interrogativo al quale si vuole rispondere, a partire da questo convegno, è "Quale Caritas immaginiamo per i prossimi anni?".
Ad aprire l'incontro il vescovo Mons. Schillaci che ha voluto introdurre il tema della solidarietà come guida per la conoscenza e comprensione della realtà attuale: «dobbiamo seguire la linea del Papa, la nostra attenzione deve essere diretta in primo luogo verso i più deboli, perché è lì che il Signore ci parla, con tutti i naufraghi della storia».

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Il direttore di Caritas Italiana si è inserito nel dibattito ricordando qual è la missione di Caritas. L'organismo pastorale della Chiesa, fondato da Giovanni Nervo nel '71, ha il fine di dare testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana. «Dalla fondazione di Caritas ad oggi cosa è cambiato? - si domanda Soddu e continua - all'interno dei contesti che sono mutati dobbiamo prendere consapevolezza di cosa è variato per capire in base a questo come agire». Ai mutati contesti il direttore nazionale suggerisce di far fronte con il metodo sinodale, il quale ha caratterizzato la stesura stessa della carta pastorale. Esercitare la sinodalità, però, non significa applicare procedure o principi standard nelle singole diocesi ma vuol dire assumere un approccio aperto e dinamico; significa vivere e operare insieme nello spirito di comunione, collaborazione e corresponsabilità; e implica il coinvolgimento diretto di tutta quella parte di Chiesa che si occupa di carità. «Stiamo percorrendo un tratto di storia della Chiesa in Italia, e il nostro stesso cammino ci dirà ciò che lo Spirito suggerisce oggi alla Chiesa di ascoltare, osservare e discernere» ovvero i tre "verbi concettuali" del metodo Caritas. Su questi argomenti, ha annunciato Soddu, si aprirà un ulteriore riflessione in un convegno nazionale il prossimo marzo a Milano.
Il delegato regionale, Don Nino Pangallo, ha ringraziato Don Fancesco Soddu per il suo intervento e ha introdotto l'attuale situazione delle Caritas diocesane calabresi. «Per noi aiutare chi sta diventando più povero, non significa altro che aiutare i poveri che conosciamo già. Il punto centrale del discorso è proprio la consapevolezza, i tre verbi del metodo Caritas devono sempre essere accompagnati dalla consapevolezza del contesto territoriale». Secondo Don Pangallo la Calabria vive situazioni emergenziali più frequenti rispetto alle altre regioni d'Italia e al momento vive, oltre alla crisi strutturale del Meridione, un particolare momento di difficoltà. Secondo il delegato regionale per capire il nostro contesto bisogna partire, innanzitutto, da quei temi chiave che determinano la scelta di restare o lasciare la Calabria: territorio, ambiente e cultura.

Tutti i direttori, presentando le realtà diocesane hanno contribuito a rendere il dibattito più ricco e aperto a diversi spunti di riflessione in merito al mandato pedagogico delle caritas all'interno della chiesa e nei confronti delle città.

L'analisi del conteso calabrese è stata delineata da don Giacomo Panizza già incaricato a rappresentare la delegazione all'interno delle Alleanza contro la povertà.

Ha concluso l'incontro don Marco Pagniello che chiarisce subito come le testimonianze di questa giornata verranno riportate al 50° di Caritas Italiana. Definisce poi come l'obiettivo comune deve essere sempre quello di trasformare il limite in possibilità. In conclusione sottolinea la principale vocazione di Caritas: che è quella di assumere un ruolo di accompagnamento per le comunità. «Non siamo noi quelli che possono cambiare tutto ma nella logica del segno possiamo fare molto, e intervenire su diversi aspetti; per logica del segno intendiamo i buoni esempi e gli anticorpi presenti sui territori».